giovedì 14 giugno 2007

CONVEGNO ATHLION

Come ogni anno l’Athlion, in occasione della manifestazione “Athlion Tour”, organizza un convegno medico-sportivo il cui tema sarà la “Prevenzione dei danni della sedentarietà e di scorretti comportamenti alimentari attraverso la pratica di uno sport completo: il Pentathlon Moderno

Il convegno si terrà il giorno venerdì 22 giugno ore 16:00 nell’impianto sportivo “Giulio Onesti” dell’Acqua Acetosa presso la Scuola dello Sport Aula n.6.


Patrocinato dalla Regione Lazio e dal Comune di Roma, saranno presenti personalità del mondo scientifico e politico con la speciale partecipazione del Campione Olimpico di Pentathlon Moderno ( Los Angeles 1984 ) Daniele Masala che interverrà sul tema “Vita da Campioni: dall’alloro olimpico alle Scienze Motorie”.


Scopo del convegno è quello di informare e sensibilizzare l’ambiente sociale all’adozione di un corretto regime alimentare che deve andare di pari passo con lo svolgimento di una pratica costante di una disciplina sportiva ed in particolare il Pentathlon Moderno. Tale sport si propone come modello principe per l’attività sportiva a cui indirizzare i giovani proprio per il suo carattere multidisciplinare, particolarità che soddisfa, in modo completo ed in tutti i suoi aspetti, lo sviluppo psico-fisico del bambino e dell’adolescente attraverso un percorso ludico-sportivo estremamente differenziato.


L’invito alla partecipazione è esteso a tutti coloro interessati all’argomento.


lunedì 11 giugno 2007

FACCIAMOLA FINITA!!



E’ accaduto quello che doveva accadere.


In occasione della manifestazione Europea le due atlete più forti del Pentathlon italiano, Claudia Corsini e Sara Bertoli, appartenenti al G.S. Fiamme Azzurre hanno ottenuto le 2 carte olimpiche disponibili per l’Italia nel settore femminile. Con più di un anno di anticipo dalle Olimpiadi di Pechino 2008.


Vorrei ripercorrere la storia di queste atlete dall’inizio del 2006 ad oggi, periodo per loro non facile, a testimonianza di quanto il P.M., oggi in Italia, soffra da anni a causa di una gestione inadeguata ed ai limiti del paradossale dei propri atleti.


Claudia Corsini è l’atleta che in Italia ha vinto di più nella storia del P.M. femminile. Se alle prossime Olimpiadi di Pechino 2008 riuscisse a posizionarsi nelle prime tre piazze d’onore (possiede concretamente tutte le carte in regola per riuscirci ) occuperebbe a pieno titolo un posto accanto a Carlo Massullo e Daniele Masala, gli atleti italiani del “Gotha” del P.M. mondiale di tutti i tempi. In tutti questi anni, i suoi risultati hanno tenuto in vita una Federazione a dir poco “claudicante”.


Dopo aver conquistato il titolo di Campionessa Europea nel 2002, affermandosi stabilmente come atleta di elite mondiale, consegue numerosi successi e prestigiosi risultati (4° alle Olimpiadi di Atene 2004) che culminano con la storica medaglia d’oro individuale ai Campionati del Mondo nell’agosto 2005, la prima volta di una atleta italiana. Vince ancora nel marzo 2006 la gara di Coppa del Mondo ad Acapulco e si conferma il 24/06/2006 Campionessa italiana Assoluta.


Può sembrare un idillio…ma vi è un profondo malumore in Claudia. Vi sono grossi problemi di comunicazione con lo staff della nazionale. Nell’aprile 2006 con l’allontanamento dalla Nazionale (ufficialmente figura dimissionario) del tecnico di corsa Vincenzo De Luca, maestro nella metodologia dell’allenamento con il merito di aver migliorato notevolmente la corsa della Corsini, viene a mancare alla Campionessa l’unica vera figura di riferimento e di fiducia che finalmente dopo tanti anni aveva trovato. Insieme alla compagna Bertoli, non trovandosi in sintonia con gli allenamenti ed i metodi della Nazionale la cui guida è affidata al direttore tecnico G. Cardelli, chiedono alla Federazione l’opzione di tornare ad allenarsi in Società con i propri tecnici. La FIPM consente alle atlete di scegliere di allenarsi con gli allenatori della Nazionale o con quelli societari; le due atlete colgono l’occasione al volo e seguono la programmazione degli allenatori delle Fiamme Azzurre le quali, ascoltando le esigenze delle loro atlete, ingaggiando il tecnico De Luca.


La Campionessa del Mondo in carica, con questo nuovo staff ritrova fiducia e serenità, rispondendo in modo molto positivo, alla sua maniera a suon di risultati: il 24/06/2006 vince il titolo di Campionessa italiana Assoluta, il 13/07/2006 si classifica ai Campionati Europei.


Lo stesso fa la sua compagna Sara Bertoli: il 24/06/2006 si classifica agli Assoluti e consegue il prestigioso 7° posto ai Campionati Europei del 2006 che rappresentava, fino ad allora, il suo più importante risultato di sempre.


Ma la FIPM non ci sta; vuole che le 2 atlete tornino ad allenarsi con gli allenatori della Nazionale. La Corsini e la Bertoli non vogliono saperne di tornare ad allenarsi con allenatori da loro non scelti e non di fiducia, comunicando alla FIPM la volontà di continuare la programmazione con i tecnici che le Fiamme Azzurre avevano messo a loro disposizione. La Federazione, con assente spirito dialettico e piuttosto arrogantemente, fa sapere che le due atlete hanno tempo fino al 10 settembre per tornare ad allenarsi con i tecnici della Nazionale, pena l’esclusione dalla rosa della Nazionale. Claudia e Sara non ne vogliono sapere; sostenute dalla Società di appartenenza, continuano ad allenarsi con i loro tecnici ed allo scadere del 10/09/2006 vengono di fatto allontanate dalla Nazionale. Un episodio che a causa della pochissima visibilità del P.M, sembra passare inosservato nel mondo dello Sport. Un vero e proprio scandalo; le due migliori (e di gran lunga) atlete italiane vengono “sacrificate” a causa delle loro scelte tecniche e di programmazione per le quali erano stati scelti allenatori diversi dalla loro volontà. Inoltre, da anni, il connubio tra queste due atlete ed alcuni allenatori era fallito sul piano tecnico, ed in particolare con il responsabile tecnico della nazionale G. Cardelli mai iniziato sul piano umano. A causa della mia personale denuncia che informava il CONI dell’allontanamento dalla Nazionale degli atleti delle Fiamme Azzurre Corsini, Bertoli e Valentini (5° ai Mondiali 2005 e miglior atleta maschile italiano dal 2000) sono stato deferito dalla Federazione che ha puntualmente avviato, a mio carico, un procedimento disciplinare.


Solo nel nostro Sport si verificano preoccupanti ed allarmanti paradossi quali:


1) I pentatleti sono 360 giorni all’anno in collegiale. In nessuno sport si verifica questa situazione. Ad es. nel nuoto come nell’atletica, anche gli atleti più famosi si allenano in società e periodicamente sono chiamati a partecipare ai ritiri della Nazionale


2) Tutti gli atleti, soprattutto i più forti, scelgono l’allenatore ed il proprio staff con cui allenarsi durante l’anno ed in occasione dei raduni collegiali organizzati dalle Federazioni, gli atleti sono seguiti dal proprio allenatore che, invitato ai collegiali, affianca negli allenamenti il direttore tecnico e altri allenatori della nazionale.


E’ ormai storia che in questo ultimo decennio, con l’insediamento dei nuovi vertici dirigenti e tecnici, la politica della FIPM ha lasciato sempre poco spazio alla volontà degli atleti ed in genere alle esigenze di quel mondo del pentathlon (atleti e tecnici non facenti parte dell’entourage nazionale, società) che orbita intorno alla Federazione, con propensione maniacale all’ “accentramento” e senza alcun dialogo.



Riprendiamo il filo degli eventi. Al 10/09/2006 la Corsini e la Bertoli, di fatto, sono incredibilmente fuori dalla Nazionale. In quei giorni ho incontrato sui campi di allenamento le due atlete; ricordo che sembravano due “cani bastonati” tanta era la delusione di un trattamento a dir poco sfrontato e insolente verso chi dedica la propria vita con grandi sacrifici per la causa sportiva. Una totale mancanza di rispetto verso atlete che si impegnano seriamente in un lavoro che racchiude difficoltà non alla portata di tutti ma di pochissime persone; solo per questo dovrebbero essere trattate con il massimo della considerazione e favorite con ogni mezzo. Ma proprio in quei giorni, dai vertici più alti del CONI e dello Stato, Claudia Corsini riceveva quel rispetto e quella considerazione che la Federazione stava negando alla Campionessa; premiata da Romano Prodi viene insignita del “Collare d’oro”, alla presenza del Ministro Melandri e del Presidente Petrucci e tantissime altre autorità, premio che rappresenta la massima onorificenza per un atleta (qualche mese dopo viene anche insignita del titolo di Cavaliere della Repubblica). Al momento della sua consacrazione pubblica era di fatto esautorata dalla Nazionale; se fossi stato al suo posto avrei preso il microfono e parlato per qualche minuto per informare le massime autorità dello Stato e del CONI che le autorità del pentathlon erano “leggermente” in disaccordo con loro. Chissà cosa sarebbe successo…forse le ripercussioni avrebbero determinato un salutare cambiamento …chissà!


Dopo pochi giorni la Federazione, spalle al muro, è costretta a scendere al compromesso. Sulla Gazzetta dello Sport appare un articolo sull’accordo tra Fiamme Azzurre e Federazione. Il sottotitolo dell’articolo è palesemente dimostrativo di quanto poco spazio si lascia agli atleti e alle campionesse (da oggi anche la Bertoli con il suo 3° posto agli Europei è da considerarsi tale), se addirittura il Consiglio Federale deve rilasciare l’autorizzazione in materia di preparazione differenziata, materia assolutamente non di pertinenza di un C.F. ma esclusivamente tecnica. Cito fedelmente il sottotitolo “ Il C. F. ha deciso: la preparazione differenziata per la Corsini”, ed ancora nell’articolo “…chi l’ha incrociata allo stadio Paolo Rosi in questi ultimi giorni l’ha vista fra lo smarrito ed il malinconico……intanto l’atleta Bertoli si divide tra pentathlon ed equitazione dove gareggia nel completo”. La Gazzetta ha descritto la situazione molto diplomaticamente, ma chi è stato vicino alle atlete sa che le atlete hanno seriamente pensato al ritiro e che per pochissimo non sono state sul punto di abbandonare il pentatlon. La Bertoli addirittura aveva cominciato a dedicarsi nuovamente al suo sport d’origine, l’equitazione e fino allo scorso aprile, appena due mesi fa, era ancora indecisa se continuare.


Vincenzo De Luca insieme agli altri dello staff tecnico scelto dalle Fiamme Azzurre hanno ridato fiducia e serenità a queste due Campionesse con il risultato di una vittoria su tutti i fronti ed alla prima occasione: 1° posto a squadre, 3° e 7° posto individuale e 2 pass per la partecipazione olimpica.


Alla luce di questi risultati la Federazione dovrebbe riflettere sui metodi e sui sistemi adottati non solo in occasione di questa vicenda ma nell’arco di tutta la sua reggenza. Inoltre, dovrebbe oggi chiedere spiegazioni al responsabile tecnico Cardelli che più di tutti ha osteggiato le due atlete nelle loro scelte inerenti metodi di allenamento e tecnici di fiducia. E’ di pubblico dominio che a causa della sua posizione, le due atlete non hanno potuto partecipare ai Mondiali del 2006 (la Corsini era Campionessa in carica), in occasione del quale l’Italia ha collezionato una pessima figura sia in campo femminile che in quello maschile (anche Valentini, in quel periodo miglior atleta italiano non è stato convocato per gli stessi motivi). Inoltre la Bertoli per 7 mesi è stata fuori dalle competizioni internazionali e solo il rapporto di fiducia con i suoi tecnici di riferimento le hanno permesso di ritornare vincente.


Non è un segreto per nessuno che in tutti questi anni il responsabile tecnico G. Cardelli non è riuscito a instaurare un rapporto di fiducia e di dialogo con la maggior parte degli atleti che avrebbe dovuto saper gestire. Infatti, dati alla mmano, dall’inizio del suo arrivo in nazionale e durante il suo operato si ha la più alta casistica di abbandoni da parte di atleti promettenti e di altri già maturi per il salto di qualità. A dimostrazione di ciò il “salto” generazionale che il P.M. ha dovuto subire da dieci anni a questa parte, con la mancanza di atleti di almeno due generazioni. Questo ha determinato un gravissimo ritardo di crescita atletica delle giovani generazioni e un gap di atleti che solo adesso si sta riducendo.


C’è da dire anche che fino allo scorso anno i migliori 3 atleti in Italia che hanno retto le sorti della Federazione trainando con i loro risultati l’intero movimento pentathlon (Corsini e Bertoli in campo femminile e Valentini in quello maschile) non sono e non devono essere assolutamente considerati il risultato di un investimento oculato della FIPM negli anni passati. Più di una volta questi tre campioni hanno meditato l’abbandono di tale disciplina, sia prima di affermarsi come grandi atleti sia dopo essere diventati i campioni di oggi che tutti conosciamo. Con i loro importanti risultati hanno fatto breccia su di un muro di ostruzionismo che li relegava a semplici gregari scarsamente considerati in quanto le scelte federali e gli orientamenti dei tecnici della nazionale, primo fra tutti G. Cardelli, hanno sempre puntato su atleti che si sono poi dimostrati non all’altezza, se non vere e proprie delusioni, molti dei quali hanno abbandonato.


Non è un caso che il responsabile G. Cardelli sostiene la sua partecipazione come responsabile tecnico alle ultime 3 Olimpiadi e che da 3 manifestazioni olimpiche l’Italia non conquista una sola medaglia. Dodici anni di sfortuna? Mi sembra un po’ insoddisfacente come spiegazione oltretutto in una disciplina che come il P.M. concede poco alla fortuna. Si sa che le medaglie olimpiche per le piccole federazioni, come la nostra, rappresentano il pane e l’acqua, in una parola: la sopravvivenza. Se non arrivano queste medaglie e per così lungo tempo, l’intero movimento ne va a soffrire; il P.M. è infatti moribondo, basta dare uno sguardo alla situazione delle Società di P.M., dimenticate dalla politica federale e lasciate agonizzanti.


Le cause di tali insuccessi sono da ricercare nella incapacità di chi aveva affidata la programmazione del piano di lavoro e degli obbiettivi, a chi, ancora inesperto, era assegnata la gestione degli atleti. Durante il passare di tutti questi anni l’inesperienza si è conclamata in vera e propria incompetenza.


Purtroppo, quando il movimento è un piccolo movimento, come è a tutti gli effetti il Pentathlon, viene a mancare la pressione della pubblica opinione la cui funzione dovrebbe sensibilizzare i responsabili a dar conto del proprio operato con l’obbligo di riportare, oltre ai risultati positivi, spiegazioni sui fallimenti e resoconti sulle scelte fatte. Inoltre, l’assenza di una controparte determina un freno ai cambiamenti che diventano lenti e difficili da perseguire; nel nostro sport, se e quando ci sono, procedono con lentezza elefantiaca.


Alla luce dei passati eventi e dei risultati di oggi gli interessati dovrebbero farsi un esame di coscienza e riflettere sull’opportunità di perpetrare su una linea di condotta che ha provocato molti problemi a livello umano e pochi risultati a livello tecnico, sempre che si abbia il pudore e la decenza di non annoverare e sbandierare meriti in relazione a risultati che non appartengono al proprio operato ma determinati da tecnici ben individuabili e senza cariche federali. E’ una questione di dignità.


Spero che a questo punto si debba pensare ancora in grande per il futuro di queste due atlete che pur gareggiando non al massimo delle proprie possibilità hanno conseguito un risultato favoloso. Un mix che comprenda una buona programmazione, margini di miglioramento e soprattutto serenità, darà concretezza ai loro ed ai nostri sogni di gloria.






sabato 9 giugno 2007

DUE PESI...DUE MISURE

Sono contento nel constatare che finalmente qualcosa si stia muovendo. Finalmente la gestione personalistica del Pentathlon Moderno perpetrata in tutti questi anni, sta facendo breccia sulla dignità delle persone ed il malessere, accumulato da tempo dalla gente che frequenta questo ambiente, sta risvegliando un sentimento di insofferenza ai continui e ripetuti episodi di prevaricazione a cui siamo costretti ad assistere.

In occasione della “CONFERENZA NAZIONALE SULLO SPORT” (Roma, 19 Dicembre 2000), nella relazione introduttiva dell’on.Giovanna Melandri, Ministro per i Beni e le Attività Culturali, troviamo la seguente affermazione: Il barone de Coubertin, a proposito di etica dello sport, sosteneva che i principi, costituiscono in germe la base e il punto di partenza di ogni ordinamento democratico nazionale e proprio per questo alcuni limiti non devono mai essere superati“.


E’da moltissimi anni che denuncio la mancanza di correttezza e di trasparenza, quindi di etica nel mondo del Pentathlon. Da tempo, in prima persona, mi adopero nel segnalare, contestare e criticare un sistema palesemente fallimentare in ogni suo ramo…da qualunque posizione lo si voglia osservare. Ho contestato usando ogni mezzo: volantini, articoli di denuncia sui giornali, gareggiando in modo anomalo (chi se lo ricorda?), parlando con la gente e sottolineando ogni anomalia e scorrettezza. A causa di questo mio impegno e della mia forte volontà di cambiamento e miglioramento, ho sempre pagato in prima persona sia sul piano sportivo, sia sul piano privato. In relazione alla mia carriera sportiva, in tutti questi anni non ho mai ricevuto il più piccolo cenno dalla FIPM pur essendo stato in questi anni, risultati alla mano, tra i migliori pentatleti in Italia. Dal 2° posto nel 1999 ai Campionati Italiani, anno in cui ricominciai ad allenami con discreta continuità, non mi è stata data una sola possibilità di poter gareggiare in campo internazionale. Rendendomi conto di ciò, ero disposto anche a pagarmi interamente tutte le trasferte per partecipare a quei Meeting internazionali che gli atleti Nazionali non avevano in programma. Mi fu negato anche questo. Ricordo che nel 2000 di mia iniziativa partecipai al Meeting internazionale di Malmo (Svezia); mi classificai 5°, posizionandomi prima di alcuni atleti che hanno gareggiato alle più importanti competizioni internazionali. Rammento che per quel mio “colpo di testa” rischiai la squalifica da parte della FIPM; mi salvò il risultato. Dopo quella gara sono poi riuscito ad andare solamente al Cairo (sempre a mie spese e grazie all’Athlion) ma poi c’è stata sempre la volontà di non permettermi di gareggiare all’estero. Ad ogni mia richiesta di trasferta (sempre interamente a mie spese), o c’era il fax di invito che non si trovava, o non si sapeva fino all’ultimo se gli atleti della Nazionale dovevano partecipare a quella competizione, o non si riusciva a contattare la Federazione straniera che organizzava la gara, o ….., o,…. , insomma solo e sempre duemila “balle”. Una volta, rammento che la giustificazione che era stata data fu la seguente: “non possiamo permettere che atleti non all’altezza facciano fare brutte figure alla Federazione italiana”. Non commento.


Sul piano privato, a causa del mio impegno di critica, sono stato deferito 2 volte dalla FIPM; la prima con proposta di radiazione e quindi interdizione a vite da tutte le Federazioni sportive, mi sono difeso e ho vinto la causa del processo sportivo. La seconda con proposta di “pesante squalifica”, mi sto difendendo.


Un giorno scriverò per intero la mia storia di quasi 30 anni d’atleta con il Pentathlon, spero che a qualcuno interesserà.


Ma oggi vi ho menzionato queste mie vicende personali per rammentare che è necessario contestare con vigore i metodi impropri ad oggi comunemente in uso nella gestione del Pentathlon. Necessario perché è uno sport che da tempo ha perso credibilità non solo tra i propri utenti ma anche all’interno del CONI dove non c’è molta stima nei nostri confronti.


Durante l’ultimo Trofeo Nazionale disputatosi ad Aprilia lo scorso week-end si è verificato l’ennesimo episodio di mala gestione che ha suscitato molte critiche e sollevato numerosi dubbi sulla capacità di conduzione delle attività e delle problematiche del Pentathlon da parte degli attuali gestori.


La competizione di Aprilia è stato un lieto evento per l’intero movimento del P.M. e molti altri appuntamenti come questo dovrebbero essere inseriti nel programma annuale delle competizioni. La Società di Aprilia ha dimostrato che le gare possono essere organizzate dalle Società che praticano il P.M. per davvero e che non si limitano alla combinata nuoto-corsa. Un plauso a Giovanni Zecovin che, con questa gara, spero abbia sensibilizzato la FIPM ad una maggiore disponibilità nel concedere l’organizzazione delle competizioni alle Società di Pentathlon. La Federazione non deve temere di venire sminuita del proprio ruolo ma, al contrario, con una politica di “decentramento” , in controtendenza a quella adottata fino ad oggi, potrebbe essere aiutata alla divulgazione ed allo sviluppo di questo sport che necessita di maggiore vitalità.


Purtroppo la gara di Aprilia è stata “macchiata” da uno spiacevolissimo episodio che sta facendo ancora discutere ed alimentato, se mai ce ne fosse ancora bisogno, ulteriori dubbi sulla capacità di gestione degli atleti e sulla correttezza di scelte e decisioni.


L’atleta Laura Ruggeri vince facilmente la propria categoria Ragazze. Avrebbe vinto comunque perché attualmente la sua superiorità è netta. Ma non è questo il punto. Premetto che l’atleta non ha nessuna colpa, anzi ha fatto fino in fondo e molto bene il suo dovere d’atleta seguendo alla lettera le direttive che le erano state impartite.


Il problema è stato causato da chi ha impartito queste direttive. La Ruggeri ha disputato in modo del tutto anomalo una competizione Nazionale iscrivendosi alla gara nella categoria Ragazze, alla quale appartiene, ma di fatto gareggiando con le atlete della categoria Allieve.


Il Regolamento Tecnico, da poco approvato dal Consiglio Federale (19/12/2006), recita: ” su proposta del Settore Tecnico e unitamente all’autorizzazione della società, fermo restando il parere positivo del Comitato Organizzatore, possono partecipare a qualsivoglia manifestazione nazionale atleti che non sono in possesso dei requisiti previsti nel presente regolamento Tecnico Nazionale. Le Società di provenienza dei suddetti atleti sono esentate dal pagamento della quota di iscrizione e possono comparire in classifica” (pag.8 paragrafo 2.3 ultimo capoverso).


Da qui due considerazioni:


1) La Società di appartenenza della Ruggeri non era al corrente di tale modalità di partecipazione della propria atleta. A dimostrazione di ciò, una telefonata fatta al Sig. Pratesi (responsabile della Società) subito dopo la gara accertava che era stato tenuto all’oscuro di tutto, asserendo di aver iscritto la propria atleta per gareggiare nella categoria Ragazze (Pratesi se ci sei batti un colpo!)


2) Il Comitato Organizzatore non era assolutamente al corrente di questa decisione. L’organizzatore della gara Zecovin era all’oscuro della modalità di partecipazione della Ruggieri.


Bastano questi due elementi per capire che l’atleta non avrebbe potuto partecipare in questo modo al Trofeo Nazionale.


Per salvare “capre e cavoli” si è ricorso allo stratagemma della “delibera federale”, sostenendo che il Consiglio Federale si era riunito e aveva deliberato questa decisione.


Nessuno sapeva di questa fantomatica “delibera”. Non lo sapeva il Delegato Tecnico della stessa gara di Aprilia C. Passatore che ricopre anche il ruolo federale di Consigliere; non lo sapeva F. Foghetti presente alla gara e Consigliere anche lei; non lo sapeva F. Di Domizio presente alla gara e anche lui Consigliere Federale. Ma con chi si è riunito questo Consiglio Federale?


Inoltre, il C.F. ha l’obbligo di attenersi al Regolamento Tecnico e non può prendere nessuna decisione senza rispettare i presupposti del Regolamento; e siccome tale delibera è viziata in almeno due dei requisiti fondamentali, non c’è stata autorizzazione della Società e parere positivo del Comitato Organizzatore prima dell’inizio della competizione (addirittura non c’è stata neanche la comunicazione di tale delibera), tale “delibera” sarebbe comunque priva di ogni validità.


Va da sé che l’atleta iscritta alla gara nella cat. Ragazze non poteva gareggiare con questa modalità perché il Regolamento non prevede una tale condotta di gara; inoltre se l’atleta aveva iniziato a gareggiare nella categoria Allieve, era obbligata a terminare la gara in questa categoria (superiore alla sua) con effetto di passaggio definitivo a questa categoria.



Siccome non siamo individui “non pensanti” ma, al contrario, persone acute ed attente nel rilevare i fatti, balza agli occhi con evidenza macroscopica l’errore che si è tentato goffamente ed inutilmente di nascondere. Anzi, il modo con cui si è provato di giustificare una decisione decisamente poco felice è allarmante. Allarmante perché si è pensato che sarebbe bastata la dizione “delibera federale” per giustificare una scelta erronea e poco sportiva nei confronti di tutti gli atleti. Allarmante perché chi ha menzionato la fantomatica “delibera” confida troppo nelle capacità “convincenti e disarmanti” della Federazione che, al contrario, tramite i suoi uomini ha l’obbligo di attenersi più di ogni altro al rispetto ed all’osservanza delle regole che devono essere chiare, trasparenti e soprattutto uguali per tutti.


Allarmante perché un direttore tecnico, nella persona di G. Cardelli, dimostra una scarsa conoscenza del Regolamento Tecnico ed al tempo stesso una scarsa considerazione delle regole deliberate dal Consiglio Federale. Devo dire che, purtroppo, il direttore tecnico non è nuovo ad episodi di gestione a dir poco “discutibili” non solo delle regole scritte (regolamenti) ma anche di quelle non scritte che si richiamano all’eticità dello sport.


A farne le spese sono sempre gli atleti ed anche i loro genitori.


Domenica mi si è stretto il cuore quando in una giornata già molto piovosa ho visto una mamma piangere, un papà scoraggiato, tante facce deluse ed altre con espressioni di amarezza e disinganno.


Amo molto questa disciplina ma, purtroppo, signori devo disilludervi: lo sport non è un isola sempre felice ed oggi il Pentathlon, con questo tipo di gestione, meno che mai.


I limiti si sono da tempo superati.




GIANNI CALDARONE