sabato 9 giugno 2007

DUE PESI...DUE MISURE

Sono contento nel constatare che finalmente qualcosa si stia muovendo. Finalmente la gestione personalistica del Pentathlon Moderno perpetrata in tutti questi anni, sta facendo breccia sulla dignità delle persone ed il malessere, accumulato da tempo dalla gente che frequenta questo ambiente, sta risvegliando un sentimento di insofferenza ai continui e ripetuti episodi di prevaricazione a cui siamo costretti ad assistere.

In occasione della “CONFERENZA NAZIONALE SULLO SPORT” (Roma, 19 Dicembre 2000), nella relazione introduttiva dell’on.Giovanna Melandri, Ministro per i Beni e le Attività Culturali, troviamo la seguente affermazione: Il barone de Coubertin, a proposito di etica dello sport, sosteneva che i principi, costituiscono in germe la base e il punto di partenza di ogni ordinamento democratico nazionale e proprio per questo alcuni limiti non devono mai essere superati“.


E’da moltissimi anni che denuncio la mancanza di correttezza e di trasparenza, quindi di etica nel mondo del Pentathlon. Da tempo, in prima persona, mi adopero nel segnalare, contestare e criticare un sistema palesemente fallimentare in ogni suo ramo…da qualunque posizione lo si voglia osservare. Ho contestato usando ogni mezzo: volantini, articoli di denuncia sui giornali, gareggiando in modo anomalo (chi se lo ricorda?), parlando con la gente e sottolineando ogni anomalia e scorrettezza. A causa di questo mio impegno e della mia forte volontà di cambiamento e miglioramento, ho sempre pagato in prima persona sia sul piano sportivo, sia sul piano privato. In relazione alla mia carriera sportiva, in tutti questi anni non ho mai ricevuto il più piccolo cenno dalla FIPM pur essendo stato in questi anni, risultati alla mano, tra i migliori pentatleti in Italia. Dal 2° posto nel 1999 ai Campionati Italiani, anno in cui ricominciai ad allenami con discreta continuità, non mi è stata data una sola possibilità di poter gareggiare in campo internazionale. Rendendomi conto di ciò, ero disposto anche a pagarmi interamente tutte le trasferte per partecipare a quei Meeting internazionali che gli atleti Nazionali non avevano in programma. Mi fu negato anche questo. Ricordo che nel 2000 di mia iniziativa partecipai al Meeting internazionale di Malmo (Svezia); mi classificai 5°, posizionandomi prima di alcuni atleti che hanno gareggiato alle più importanti competizioni internazionali. Rammento che per quel mio “colpo di testa” rischiai la squalifica da parte della FIPM; mi salvò il risultato. Dopo quella gara sono poi riuscito ad andare solamente al Cairo (sempre a mie spese e grazie all’Athlion) ma poi c’è stata sempre la volontà di non permettermi di gareggiare all’estero. Ad ogni mia richiesta di trasferta (sempre interamente a mie spese), o c’era il fax di invito che non si trovava, o non si sapeva fino all’ultimo se gli atleti della Nazionale dovevano partecipare a quella competizione, o non si riusciva a contattare la Federazione straniera che organizzava la gara, o ….., o,…. , insomma solo e sempre duemila “balle”. Una volta, rammento che la giustificazione che era stata data fu la seguente: “non possiamo permettere che atleti non all’altezza facciano fare brutte figure alla Federazione italiana”. Non commento.


Sul piano privato, a causa del mio impegno di critica, sono stato deferito 2 volte dalla FIPM; la prima con proposta di radiazione e quindi interdizione a vite da tutte le Federazioni sportive, mi sono difeso e ho vinto la causa del processo sportivo. La seconda con proposta di “pesante squalifica”, mi sto difendendo.


Un giorno scriverò per intero la mia storia di quasi 30 anni d’atleta con il Pentathlon, spero che a qualcuno interesserà.


Ma oggi vi ho menzionato queste mie vicende personali per rammentare che è necessario contestare con vigore i metodi impropri ad oggi comunemente in uso nella gestione del Pentathlon. Necessario perché è uno sport che da tempo ha perso credibilità non solo tra i propri utenti ma anche all’interno del CONI dove non c’è molta stima nei nostri confronti.


Durante l’ultimo Trofeo Nazionale disputatosi ad Aprilia lo scorso week-end si è verificato l’ennesimo episodio di mala gestione che ha suscitato molte critiche e sollevato numerosi dubbi sulla capacità di conduzione delle attività e delle problematiche del Pentathlon da parte degli attuali gestori.


La competizione di Aprilia è stato un lieto evento per l’intero movimento del P.M. e molti altri appuntamenti come questo dovrebbero essere inseriti nel programma annuale delle competizioni. La Società di Aprilia ha dimostrato che le gare possono essere organizzate dalle Società che praticano il P.M. per davvero e che non si limitano alla combinata nuoto-corsa. Un plauso a Giovanni Zecovin che, con questa gara, spero abbia sensibilizzato la FIPM ad una maggiore disponibilità nel concedere l’organizzazione delle competizioni alle Società di Pentathlon. La Federazione non deve temere di venire sminuita del proprio ruolo ma, al contrario, con una politica di “decentramento” , in controtendenza a quella adottata fino ad oggi, potrebbe essere aiutata alla divulgazione ed allo sviluppo di questo sport che necessita di maggiore vitalità.


Purtroppo la gara di Aprilia è stata “macchiata” da uno spiacevolissimo episodio che sta facendo ancora discutere ed alimentato, se mai ce ne fosse ancora bisogno, ulteriori dubbi sulla capacità di gestione degli atleti e sulla correttezza di scelte e decisioni.


L’atleta Laura Ruggeri vince facilmente la propria categoria Ragazze. Avrebbe vinto comunque perché attualmente la sua superiorità è netta. Ma non è questo il punto. Premetto che l’atleta non ha nessuna colpa, anzi ha fatto fino in fondo e molto bene il suo dovere d’atleta seguendo alla lettera le direttive che le erano state impartite.


Il problema è stato causato da chi ha impartito queste direttive. La Ruggeri ha disputato in modo del tutto anomalo una competizione Nazionale iscrivendosi alla gara nella categoria Ragazze, alla quale appartiene, ma di fatto gareggiando con le atlete della categoria Allieve.


Il Regolamento Tecnico, da poco approvato dal Consiglio Federale (19/12/2006), recita: ” su proposta del Settore Tecnico e unitamente all’autorizzazione della società, fermo restando il parere positivo del Comitato Organizzatore, possono partecipare a qualsivoglia manifestazione nazionale atleti che non sono in possesso dei requisiti previsti nel presente regolamento Tecnico Nazionale. Le Società di provenienza dei suddetti atleti sono esentate dal pagamento della quota di iscrizione e possono comparire in classifica” (pag.8 paragrafo 2.3 ultimo capoverso).


Da qui due considerazioni:


1) La Società di appartenenza della Ruggeri non era al corrente di tale modalità di partecipazione della propria atleta. A dimostrazione di ciò, una telefonata fatta al Sig. Pratesi (responsabile della Società) subito dopo la gara accertava che era stato tenuto all’oscuro di tutto, asserendo di aver iscritto la propria atleta per gareggiare nella categoria Ragazze (Pratesi se ci sei batti un colpo!)


2) Il Comitato Organizzatore non era assolutamente al corrente di questa decisione. L’organizzatore della gara Zecovin era all’oscuro della modalità di partecipazione della Ruggieri.


Bastano questi due elementi per capire che l’atleta non avrebbe potuto partecipare in questo modo al Trofeo Nazionale.


Per salvare “capre e cavoli” si è ricorso allo stratagemma della “delibera federale”, sostenendo che il Consiglio Federale si era riunito e aveva deliberato questa decisione.


Nessuno sapeva di questa fantomatica “delibera”. Non lo sapeva il Delegato Tecnico della stessa gara di Aprilia C. Passatore che ricopre anche il ruolo federale di Consigliere; non lo sapeva F. Foghetti presente alla gara e Consigliere anche lei; non lo sapeva F. Di Domizio presente alla gara e anche lui Consigliere Federale. Ma con chi si è riunito questo Consiglio Federale?


Inoltre, il C.F. ha l’obbligo di attenersi al Regolamento Tecnico e non può prendere nessuna decisione senza rispettare i presupposti del Regolamento; e siccome tale delibera è viziata in almeno due dei requisiti fondamentali, non c’è stata autorizzazione della Società e parere positivo del Comitato Organizzatore prima dell’inizio della competizione (addirittura non c’è stata neanche la comunicazione di tale delibera), tale “delibera” sarebbe comunque priva di ogni validità.


Va da sé che l’atleta iscritta alla gara nella cat. Ragazze non poteva gareggiare con questa modalità perché il Regolamento non prevede una tale condotta di gara; inoltre se l’atleta aveva iniziato a gareggiare nella categoria Allieve, era obbligata a terminare la gara in questa categoria (superiore alla sua) con effetto di passaggio definitivo a questa categoria.



Siccome non siamo individui “non pensanti” ma, al contrario, persone acute ed attente nel rilevare i fatti, balza agli occhi con evidenza macroscopica l’errore che si è tentato goffamente ed inutilmente di nascondere. Anzi, il modo con cui si è provato di giustificare una decisione decisamente poco felice è allarmante. Allarmante perché si è pensato che sarebbe bastata la dizione “delibera federale” per giustificare una scelta erronea e poco sportiva nei confronti di tutti gli atleti. Allarmante perché chi ha menzionato la fantomatica “delibera” confida troppo nelle capacità “convincenti e disarmanti” della Federazione che, al contrario, tramite i suoi uomini ha l’obbligo di attenersi più di ogni altro al rispetto ed all’osservanza delle regole che devono essere chiare, trasparenti e soprattutto uguali per tutti.


Allarmante perché un direttore tecnico, nella persona di G. Cardelli, dimostra una scarsa conoscenza del Regolamento Tecnico ed al tempo stesso una scarsa considerazione delle regole deliberate dal Consiglio Federale. Devo dire che, purtroppo, il direttore tecnico non è nuovo ad episodi di gestione a dir poco “discutibili” non solo delle regole scritte (regolamenti) ma anche di quelle non scritte che si richiamano all’eticità dello sport.


A farne le spese sono sempre gli atleti ed anche i loro genitori.


Domenica mi si è stretto il cuore quando in una giornata già molto piovosa ho visto una mamma piangere, un papà scoraggiato, tante facce deluse ed altre con espressioni di amarezza e disinganno.


Amo molto questa disciplina ma, purtroppo, signori devo disilludervi: lo sport non è un isola sempre felice ed oggi il Pentathlon, con questo tipo di gestione, meno che mai.


I limiti si sono da tempo superati.




GIANNI CALDARONE



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