lunedì 11 giugno 2007

FACCIAMOLA FINITA!!



E’ accaduto quello che doveva accadere.


In occasione della manifestazione Europea le due atlete più forti del Pentathlon italiano, Claudia Corsini e Sara Bertoli, appartenenti al G.S. Fiamme Azzurre hanno ottenuto le 2 carte olimpiche disponibili per l’Italia nel settore femminile. Con più di un anno di anticipo dalle Olimpiadi di Pechino 2008.


Vorrei ripercorrere la storia di queste atlete dall’inizio del 2006 ad oggi, periodo per loro non facile, a testimonianza di quanto il P.M., oggi in Italia, soffra da anni a causa di una gestione inadeguata ed ai limiti del paradossale dei propri atleti.


Claudia Corsini è l’atleta che in Italia ha vinto di più nella storia del P.M. femminile. Se alle prossime Olimpiadi di Pechino 2008 riuscisse a posizionarsi nelle prime tre piazze d’onore (possiede concretamente tutte le carte in regola per riuscirci ) occuperebbe a pieno titolo un posto accanto a Carlo Massullo e Daniele Masala, gli atleti italiani del “Gotha” del P.M. mondiale di tutti i tempi. In tutti questi anni, i suoi risultati hanno tenuto in vita una Federazione a dir poco “claudicante”.


Dopo aver conquistato il titolo di Campionessa Europea nel 2002, affermandosi stabilmente come atleta di elite mondiale, consegue numerosi successi e prestigiosi risultati (4° alle Olimpiadi di Atene 2004) che culminano con la storica medaglia d’oro individuale ai Campionati del Mondo nell’agosto 2005, la prima volta di una atleta italiana. Vince ancora nel marzo 2006 la gara di Coppa del Mondo ad Acapulco e si conferma il 24/06/2006 Campionessa italiana Assoluta.


Può sembrare un idillio…ma vi è un profondo malumore in Claudia. Vi sono grossi problemi di comunicazione con lo staff della nazionale. Nell’aprile 2006 con l’allontanamento dalla Nazionale (ufficialmente figura dimissionario) del tecnico di corsa Vincenzo De Luca, maestro nella metodologia dell’allenamento con il merito di aver migliorato notevolmente la corsa della Corsini, viene a mancare alla Campionessa l’unica vera figura di riferimento e di fiducia che finalmente dopo tanti anni aveva trovato. Insieme alla compagna Bertoli, non trovandosi in sintonia con gli allenamenti ed i metodi della Nazionale la cui guida è affidata al direttore tecnico G. Cardelli, chiedono alla Federazione l’opzione di tornare ad allenarsi in Società con i propri tecnici. La FIPM consente alle atlete di scegliere di allenarsi con gli allenatori della Nazionale o con quelli societari; le due atlete colgono l’occasione al volo e seguono la programmazione degli allenatori delle Fiamme Azzurre le quali, ascoltando le esigenze delle loro atlete, ingaggiando il tecnico De Luca.


La Campionessa del Mondo in carica, con questo nuovo staff ritrova fiducia e serenità, rispondendo in modo molto positivo, alla sua maniera a suon di risultati: il 24/06/2006 vince il titolo di Campionessa italiana Assoluta, il 13/07/2006 si classifica ai Campionati Europei.


Lo stesso fa la sua compagna Sara Bertoli: il 24/06/2006 si classifica agli Assoluti e consegue il prestigioso 7° posto ai Campionati Europei del 2006 che rappresentava, fino ad allora, il suo più importante risultato di sempre.


Ma la FIPM non ci sta; vuole che le 2 atlete tornino ad allenarsi con gli allenatori della Nazionale. La Corsini e la Bertoli non vogliono saperne di tornare ad allenarsi con allenatori da loro non scelti e non di fiducia, comunicando alla FIPM la volontà di continuare la programmazione con i tecnici che le Fiamme Azzurre avevano messo a loro disposizione. La Federazione, con assente spirito dialettico e piuttosto arrogantemente, fa sapere che le due atlete hanno tempo fino al 10 settembre per tornare ad allenarsi con i tecnici della Nazionale, pena l’esclusione dalla rosa della Nazionale. Claudia e Sara non ne vogliono sapere; sostenute dalla Società di appartenenza, continuano ad allenarsi con i loro tecnici ed allo scadere del 10/09/2006 vengono di fatto allontanate dalla Nazionale. Un episodio che a causa della pochissima visibilità del P.M, sembra passare inosservato nel mondo dello Sport. Un vero e proprio scandalo; le due migliori (e di gran lunga) atlete italiane vengono “sacrificate” a causa delle loro scelte tecniche e di programmazione per le quali erano stati scelti allenatori diversi dalla loro volontà. Inoltre, da anni, il connubio tra queste due atlete ed alcuni allenatori era fallito sul piano tecnico, ed in particolare con il responsabile tecnico della nazionale G. Cardelli mai iniziato sul piano umano. A causa della mia personale denuncia che informava il CONI dell’allontanamento dalla Nazionale degli atleti delle Fiamme Azzurre Corsini, Bertoli e Valentini (5° ai Mondiali 2005 e miglior atleta maschile italiano dal 2000) sono stato deferito dalla Federazione che ha puntualmente avviato, a mio carico, un procedimento disciplinare.


Solo nel nostro Sport si verificano preoccupanti ed allarmanti paradossi quali:


1) I pentatleti sono 360 giorni all’anno in collegiale. In nessuno sport si verifica questa situazione. Ad es. nel nuoto come nell’atletica, anche gli atleti più famosi si allenano in società e periodicamente sono chiamati a partecipare ai ritiri della Nazionale


2) Tutti gli atleti, soprattutto i più forti, scelgono l’allenatore ed il proprio staff con cui allenarsi durante l’anno ed in occasione dei raduni collegiali organizzati dalle Federazioni, gli atleti sono seguiti dal proprio allenatore che, invitato ai collegiali, affianca negli allenamenti il direttore tecnico e altri allenatori della nazionale.


E’ ormai storia che in questo ultimo decennio, con l’insediamento dei nuovi vertici dirigenti e tecnici, la politica della FIPM ha lasciato sempre poco spazio alla volontà degli atleti ed in genere alle esigenze di quel mondo del pentathlon (atleti e tecnici non facenti parte dell’entourage nazionale, società) che orbita intorno alla Federazione, con propensione maniacale all’ “accentramento” e senza alcun dialogo.



Riprendiamo il filo degli eventi. Al 10/09/2006 la Corsini e la Bertoli, di fatto, sono incredibilmente fuori dalla Nazionale. In quei giorni ho incontrato sui campi di allenamento le due atlete; ricordo che sembravano due “cani bastonati” tanta era la delusione di un trattamento a dir poco sfrontato e insolente verso chi dedica la propria vita con grandi sacrifici per la causa sportiva. Una totale mancanza di rispetto verso atlete che si impegnano seriamente in un lavoro che racchiude difficoltà non alla portata di tutti ma di pochissime persone; solo per questo dovrebbero essere trattate con il massimo della considerazione e favorite con ogni mezzo. Ma proprio in quei giorni, dai vertici più alti del CONI e dello Stato, Claudia Corsini riceveva quel rispetto e quella considerazione che la Federazione stava negando alla Campionessa; premiata da Romano Prodi viene insignita del “Collare d’oro”, alla presenza del Ministro Melandri e del Presidente Petrucci e tantissime altre autorità, premio che rappresenta la massima onorificenza per un atleta (qualche mese dopo viene anche insignita del titolo di Cavaliere della Repubblica). Al momento della sua consacrazione pubblica era di fatto esautorata dalla Nazionale; se fossi stato al suo posto avrei preso il microfono e parlato per qualche minuto per informare le massime autorità dello Stato e del CONI che le autorità del pentathlon erano “leggermente” in disaccordo con loro. Chissà cosa sarebbe successo…forse le ripercussioni avrebbero determinato un salutare cambiamento …chissà!


Dopo pochi giorni la Federazione, spalle al muro, è costretta a scendere al compromesso. Sulla Gazzetta dello Sport appare un articolo sull’accordo tra Fiamme Azzurre e Federazione. Il sottotitolo dell’articolo è palesemente dimostrativo di quanto poco spazio si lascia agli atleti e alle campionesse (da oggi anche la Bertoli con il suo 3° posto agli Europei è da considerarsi tale), se addirittura il Consiglio Federale deve rilasciare l’autorizzazione in materia di preparazione differenziata, materia assolutamente non di pertinenza di un C.F. ma esclusivamente tecnica. Cito fedelmente il sottotitolo “ Il C. F. ha deciso: la preparazione differenziata per la Corsini”, ed ancora nell’articolo “…chi l’ha incrociata allo stadio Paolo Rosi in questi ultimi giorni l’ha vista fra lo smarrito ed il malinconico……intanto l’atleta Bertoli si divide tra pentathlon ed equitazione dove gareggia nel completo”. La Gazzetta ha descritto la situazione molto diplomaticamente, ma chi è stato vicino alle atlete sa che le atlete hanno seriamente pensato al ritiro e che per pochissimo non sono state sul punto di abbandonare il pentatlon. La Bertoli addirittura aveva cominciato a dedicarsi nuovamente al suo sport d’origine, l’equitazione e fino allo scorso aprile, appena due mesi fa, era ancora indecisa se continuare.


Vincenzo De Luca insieme agli altri dello staff tecnico scelto dalle Fiamme Azzurre hanno ridato fiducia e serenità a queste due Campionesse con il risultato di una vittoria su tutti i fronti ed alla prima occasione: 1° posto a squadre, 3° e 7° posto individuale e 2 pass per la partecipazione olimpica.


Alla luce di questi risultati la Federazione dovrebbe riflettere sui metodi e sui sistemi adottati non solo in occasione di questa vicenda ma nell’arco di tutta la sua reggenza. Inoltre, dovrebbe oggi chiedere spiegazioni al responsabile tecnico Cardelli che più di tutti ha osteggiato le due atlete nelle loro scelte inerenti metodi di allenamento e tecnici di fiducia. E’ di pubblico dominio che a causa della sua posizione, le due atlete non hanno potuto partecipare ai Mondiali del 2006 (la Corsini era Campionessa in carica), in occasione del quale l’Italia ha collezionato una pessima figura sia in campo femminile che in quello maschile (anche Valentini, in quel periodo miglior atleta italiano non è stato convocato per gli stessi motivi). Inoltre la Bertoli per 7 mesi è stata fuori dalle competizioni internazionali e solo il rapporto di fiducia con i suoi tecnici di riferimento le hanno permesso di ritornare vincente.


Non è un segreto per nessuno che in tutti questi anni il responsabile tecnico G. Cardelli non è riuscito a instaurare un rapporto di fiducia e di dialogo con la maggior parte degli atleti che avrebbe dovuto saper gestire. Infatti, dati alla mmano, dall’inizio del suo arrivo in nazionale e durante il suo operato si ha la più alta casistica di abbandoni da parte di atleti promettenti e di altri già maturi per il salto di qualità. A dimostrazione di ciò il “salto” generazionale che il P.M. ha dovuto subire da dieci anni a questa parte, con la mancanza di atleti di almeno due generazioni. Questo ha determinato un gravissimo ritardo di crescita atletica delle giovani generazioni e un gap di atleti che solo adesso si sta riducendo.


C’è da dire anche che fino allo scorso anno i migliori 3 atleti in Italia che hanno retto le sorti della Federazione trainando con i loro risultati l’intero movimento pentathlon (Corsini e Bertoli in campo femminile e Valentini in quello maschile) non sono e non devono essere assolutamente considerati il risultato di un investimento oculato della FIPM negli anni passati. Più di una volta questi tre campioni hanno meditato l’abbandono di tale disciplina, sia prima di affermarsi come grandi atleti sia dopo essere diventati i campioni di oggi che tutti conosciamo. Con i loro importanti risultati hanno fatto breccia su di un muro di ostruzionismo che li relegava a semplici gregari scarsamente considerati in quanto le scelte federali e gli orientamenti dei tecnici della nazionale, primo fra tutti G. Cardelli, hanno sempre puntato su atleti che si sono poi dimostrati non all’altezza, se non vere e proprie delusioni, molti dei quali hanno abbandonato.


Non è un caso che il responsabile G. Cardelli sostiene la sua partecipazione come responsabile tecnico alle ultime 3 Olimpiadi e che da 3 manifestazioni olimpiche l’Italia non conquista una sola medaglia. Dodici anni di sfortuna? Mi sembra un po’ insoddisfacente come spiegazione oltretutto in una disciplina che come il P.M. concede poco alla fortuna. Si sa che le medaglie olimpiche per le piccole federazioni, come la nostra, rappresentano il pane e l’acqua, in una parola: la sopravvivenza. Se non arrivano queste medaglie e per così lungo tempo, l’intero movimento ne va a soffrire; il P.M. è infatti moribondo, basta dare uno sguardo alla situazione delle Società di P.M., dimenticate dalla politica federale e lasciate agonizzanti.


Le cause di tali insuccessi sono da ricercare nella incapacità di chi aveva affidata la programmazione del piano di lavoro e degli obbiettivi, a chi, ancora inesperto, era assegnata la gestione degli atleti. Durante il passare di tutti questi anni l’inesperienza si è conclamata in vera e propria incompetenza.


Purtroppo, quando il movimento è un piccolo movimento, come è a tutti gli effetti il Pentathlon, viene a mancare la pressione della pubblica opinione la cui funzione dovrebbe sensibilizzare i responsabili a dar conto del proprio operato con l’obbligo di riportare, oltre ai risultati positivi, spiegazioni sui fallimenti e resoconti sulle scelte fatte. Inoltre, l’assenza di una controparte determina un freno ai cambiamenti che diventano lenti e difficili da perseguire; nel nostro sport, se e quando ci sono, procedono con lentezza elefantiaca.


Alla luce dei passati eventi e dei risultati di oggi gli interessati dovrebbero farsi un esame di coscienza e riflettere sull’opportunità di perpetrare su una linea di condotta che ha provocato molti problemi a livello umano e pochi risultati a livello tecnico, sempre che si abbia il pudore e la decenza di non annoverare e sbandierare meriti in relazione a risultati che non appartengono al proprio operato ma determinati da tecnici ben individuabili e senza cariche federali. E’ una questione di dignità.


Spero che a questo punto si debba pensare ancora in grande per il futuro di queste due atlete che pur gareggiando non al massimo delle proprie possibilità hanno conseguito un risultato favoloso. Un mix che comprenda una buona programmazione, margini di miglioramento e soprattutto serenità, darà concretezza ai loro ed ai nostri sogni di gloria.






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